Domenica 9 maggio 2010: Santa Croya de Tera - Rionegro del Puente. 27 Km (tot 115)

Giornata mistica e ascetica.
Mi sveglio prestissimo, verso le 4,15. Sono preoccupato per la tappa di oggi, lunga quasi 30 km, a motivo dei miei piedi doloranti per le vesciche e per i dolori articolari.
Dopo essermi rigirato nel letto tentando inutilmente di riaddormentarmi, alle 5 decido di alzarmi e inizio a prepararmi, cominciando naturalmente dai piedi. Stranamente, mi sembra che stiano molto meglio: che sia stato l'ammollo di ieri sera in aceto, acqua fredda e sale, che mi ha propinato il provvidenziale albergatore?
Fuori piove e il cielo è ancora totalmente buio quando, alle 6 e 1/4, primo pellegrino a uscire dal rifugio, mi metto per strada. L'impatto iniziale è di angosciosa solitudine. Per strada non c'è un cane e al buio pesto, nonostante la torcia da fronte, riesco al massimo a inquadrare pochi metri di strada davanti a me. Il sentiero non lo vedo e, sotto quest'acqua, l'ultimo dei miei desideri è di infilarmi al buio lungo carraie sconosciute e fangose...
Arrivo lungo la strada a Santa Marta de Croya, dove si trova un'antica chiesa. Faccio l'unica foto di questo mattino di fronte al cippo di ingresso alla zona sacra poi, mentre ancora mi sto domandando come diavolo sarà il sentiero, per miracolo scopro che la tappa di oggi corre tutta parallelamente e a fianco della nazionale 525 (che da oggi diventerà frequentemente compagna di viaggio per oltre 250 km...). La decisione è subito presa: oggi si fa tutta la tappa su strada! Il giorno (domenica), l'orario, il buio, la pioggia fanno privilegiare questa opzione senza alcun tentennamento: niente macchine, niente fango, direzione certa. Si parte.
Dicevo che la giornata è mistica e ascetica. Infatti scorre tutta nella solitudine, su rettilinei asfaltati che si perdono all'orizzonte, con una pioggia sferzante e fredda, poco cibo nello zaino, i pochi bar chiusi fino all'arrivo e la possibilità di tanta preghiera, che mi consola, mi commuove, mi sprona, mi da la sensazione di poter offrire questo disagio e questa fatica al Signore per la mia conversione e per tutti i miei cari, quelli che mi hanno chiesto di pregare per loro, quelli che non l'hanno fatto, i malati, i più provati... insomma, nelle ore di silenzio rotto solo dal rumore dei passi sull'asfalto, dal verso di qualche animale selvatico o da lontani rintocchi di campane, riesco davvero a pregare cattolicamente, in modo universale.
Imploro la Madonna di non farmi perdere la Messa festiva, visto che ieri sera a Santa Croya non c'è stata. Arrivo al primo paese verso le 8,30, devio cinque minuti per arrivare alla chiesa e la trovo chiusa e senza indicazioni sulla Messa. Il paese è deserto. Riparto. Dopo poco più di un'ora arrivo a un secondo paese e, dopo una breve esitazione, decido di proseguire senza verificare: è ancora troppo presto, mi dico. Esco poche centinaia di metri dal paese e sento le campane che iniziano a suonare! Vuoi vedere che alle 10 c'è la Messa? Non ho il coraggio di ritornare, per cui rinnovo la preghiera alla Madonna e avanti. Sempre solo. Ogni tanto, alla fine degli interminabili rettilinei, mi volto dicendomi: vedrai che almeno là in fondo si intravedrà qualche pellegrino all'orizzonte: macché, non si vede un bel niente! Ragazzi, oggi la tappa è così, c'è poco da fare: mistica e ascetica. Veramente una tappa speciale, non per niente è domenica!
Cammina cammina, alla fine raggiungo Rionegro del Puente alle 11,40. Una bella chiesa antica con una edicola dedicata alla Madonna sulla strada. Mi piace...
Mi fermo al bar a lato della chiesa e domando della Messa: c'è alle 13! Questa mattina, mentre camminavo, ho valutato se proseguire per altri 7-8 km fino a Mombuey, in modo da rendere più leggera la tappa di domani, ma la "coincidenza" della Messa fra poco più di un'ora mi pare troppo allettante: c'è il tempo per "inaugurare" l'albergue, di cui il barista mi da la chiave, fare la doccia e il bucato e alle 13, lavato e stirato, mi godo la Messa domenicale tanto sperata!
Poi, pian piano, arrivano tutti gli altri, Luciano, Antonio e Josè compresi e il rifugio si anima: ecco Pierre e Charles, il pittore Antòn, una coppia di francesi bretoni, una di austriaci di Graz e 2 di tedeschi di Francoforte,... Il cammino è fatto anche di questo ritrovarsi, giorno dopo giorno, con le stesse persone a fine tappa. Si vive per certi versi l'atmosfera di quei films di guerra nei quali, alla sera, gli aviatori ritrovano con sollievo ancora vivi i propri commilitoni, reduci dalle missioni della giornata appena trascorsa. Come in quei films, ci si ritrova a tavola o al bar a raccontarsi com'è andata la giornata, come è stato duro quel tratto di cammino, bella quella chiesetta antica in mezzo alla campagna, simpatico quel negoziante,...
Sono veramente felice per come è andata questa giornata. Nel frattempo la pioggia è cessata e, pur con un vento teso e piuttosto freddo, è tornato il sole con un bellissimo cielo azzurro. Decidiamo che i 38 Km previsti per la tappa di domani sono un azzardo e approfittiamo dell'informazione che ci da il barista, che ci parla di un suo parente che guida il pulmino che fa servizio pubblico di zona per l'ospedale di Mombuey. Lo so che è contro la filosofia del cammino, però mi sembrerebbe un atteggiamento da integralista, viste le mie attuali condizioni, pretendere di fare a piedi una tappa tanto lunga. 30 Km andranno benissimo, per cui con Luciano, Antonio e Josè ci diamo anche il bonus, per domattina, di una mezz'oretta di sonno in più...

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